Spesso e volentieri sentiamo parlare di Inclusione scolastica, fermandoci – forse – al solo significato delle due parole, traendone un semplicistico “Tutti possono andare a scuola”. In parte è anche questo, ma non solo. Inoltre il tema scuola fa venire in mente la diade insegnante – studente, ma soprattutto se si tratta l’argomento BES (Bisogni Educativi Speciali) ci si dimentica spesso della figura dell’educatore scolastico, che a pieno titolo ha un ruolo attivo nel contesto scolastico. In questo senso, è fondamentale delineare il percorso storico che ha portato a ricercare e selezionare le figure professionali necessarie all’interno delle istituzioni scolastiche, per meglio rispondere ai bisogni educativi emergenti di una società sempre più complessa. E proprio la scuola e tutti i suoi attori hanno un ruolo sostanziale nel fronteggiare e progettare i migliori interventi educativi possibili.
Il processo di inclusione scolastica ha subito cambiamenti e modifiche nel corso degli anni, si pensi che fino agli anni ’70, il bambino con Bisogni Educativi Speciali era destinato alla formazione degli istituti religiosi privati, in un’ottica di totale esclusione dal tessuto sociale in cui l’individuo è inserito. È con la legge 118 del 1971 “Provvidenza in favore dei mutilati e degli invalidi civile” che si gettano le basi dell’integrazione scolastica, sancendo che la persona invalida civile, in età di obbligo scolastico può frequentare le scuole comuni. Cambiamento epocale che si inserisce nel processo di deistituzionalizzazione. In questo modo inizia la storia dell’integrazione scolastica come trampolino di lancio per l’integrazione sociale.
Nello stesso decennio viene promulgata la legge 517 del 1977 “Norme sulla valutazione degli alunni e sull’abolizione degli esami di riparazione nonché altre norme di modifica dell’ordinamento scolastico” che stabilisce i presupposti, le condizioni, gli strumenti e le finalità per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Si passa quindi da una scuola uguale per tutti, ad una scuola diversa per ciascuno. Fondamentale è l’introduzione dell’insegnante di sostegno.
Con la legge 104 del 1992 “Legge Quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate” si perfeziona ancora di più il concetto di inclusione scolastica, l’art. 13 infatti stabilisce che E’ previsto l’obbligo per gli enti locali di fornire l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali.
Nella scuola secondaria di secondo grado sono garantite attività didattiche di sostegno realizzate con docenti di sostegno specializzati, nelle aree disciplinari individuate sulla base del profilo dinamico-funzionale e del conseguente piano educativo individualizzato.
Gli insegnanti di sostegno assumono la contitolarità delle sezioni e delle classi in cui operano, partecipano alla programmazione educativa e didattica e alla elaborazione e verifica delle attività di competenza dei consigli di interclasse, dei consigli di classe e dei collegi dei docenti.
In questo senso la scuola diventa un’istituzione che risponde ai bisogni di tutti i bambini, in particolare dei bambini con Bisogno Educativi Speciali, ovvero tutti quegli alunni con disturbi dell’apprendimento, disabilità o disagio sociale, anche attraverso il fondamentale aiuto dell’educatore scolastico, che non si sovrappone alla figura dell’insegnante,ma co-progetta interventi educativi, collabora alla stesura del PianoEducativo Individualizzato e partecipa a tutti i momenti di lavoro di équipe della scuola, supporta l’alunno nelle sue difficoltà promuovendo reale autonomia, predispone il setting scuola per sviluppare la socializzazione con gli altri alunni, promuovendo in pieno la cultura dell’inclusione scolastica.
E allora perchè, in una situazione di emergenza come quella che il nostro paese sta vivendo a causa del dilagarsi del covid-19, con la chiusura delle scuole, una figura così fondamentale per il funzionamento dell’istituzione formativa, non ha diritto alla retribuzione? I contratti con cui spesso vengono regolamentati i rapporti di lavoro nella scuola per gli educatori, basati su appalti vinti da cooperative che giocano al ribasso, svalutano e tolgono dignità a lavoratori del sociale che in realtà hanno un’importanza essenziale nel tessuto sociale. Per quanto ancora dovrà essere misconosciuta la figura dell’educatore?
Vi lascio con uno stralcio di Non di sola relazione – Per una cura del processo educativo. Palmieri e Prada.
“Qualsiasi istituzione educativa (come la scuola) riceve il proprio mandato dal tessuto sociale all’interno del quale è calata e – dopo essersi dotata di obiettivi – sulla base di questi si adopera per garantirne il raggiungimento mediante l’organizzazione di contesti e condizioni, che, appunto perché organizzati e dunque sottoposti a un controllo disciplinato dovrebbero produrre apprendimento, formazione, educazione.”
È quindi molto semplice arrivare a capire quanto uno specialista dell’educazione abbia una valore essenziale nei processi sociali e assistenziali del nostro paese.