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Pensiamo mai al carico cognitivo?

Spesso mi sono chiesta “Sarò stata chiara? Sarò riuscita a spiegarmi?”. A voi è mai capitato di porvi le stesse domande? Per fortuna (o purtroppo) conosco i miei limiti: sono una persona prolissa, a volte confusionaria perciò devo stare molto attenta a quello che dico e a come lo dico.

Chiunque si occupa di formazione corre frequentemente il rischio di non essere efficace quindi ragionare su quali siano le modalità migliori per comunicare, è appunto, fondamentale. In questo ci viene in aiuto John Sweller che ci pone questa domanda: pensate mai al carico cognitivo?

Intuitivamente, la parola stessa ci suggerisce la comprensione del suo significato poiché carico è qualcosa che rimanda a un peso, cognitivo invece che rimanda a tutte le risorse che utilizziamo nel momento in cui apprendiamo. Queste risorse dunque subiscono il rischio di un appesantimento e quindi di un calo delle prestazioni. Il rendimento però può essere sostenuto grazie ad alcune strategie che permettono all’alunno di mantenere l’attenzione focalizzata il più a lungo possibile.

La trasmissione di un messaggio è veicolata da tanti fattori, alcuni facilitanti altri ostacolanti la comprensione. Essi possono essere ambientali dunque esterni, altri invece interni, dipendenti sia dalla propria modalità di apprendimento sia dal proprio funzionamento cognitivo. Ovviamente l’argomento che affronteremo riguarda studenti con un funzionamento cognitivo normotipico, altrimenti in presenza di un deficit ragioneremmo su altri tipi di semplificazioni. Nonostante abbiamo precisato la presenza di un QI in media, non possiamo però trascurare la presenza di una neurodiversità che influenza lo stile di apprendimento di ciascuno e che ci suggerisce dunque di perseguire alcune linee guida che possano raccogliere e favorire diversi stili.

Negli ultimi mesi, il “come” fare lezione, e dunque trasmettere dei contenuti che fossero accessibili a tutti attraverso uno schermo, è stato un interrogativo frequente e importante per tutti i docenti. La scuola si è reinventata in questo costruendo numerosi materiali multimediali. La domanda sorge quasi spontanea: “erano tutti materiali fruibili e chiari? Erano efficaci per tutti?”.

A fronte dunque di questo cambiamento, ho trovato attuale la questione del carico cognitivo poiché esso studia alcuni principi utili per contenere i possibili fattori esterni che ostacolano la comprensione di un contenuto, potenziandone altri che invece la favoriscono.

La teoria del carico cognitivo infatti afferisce al campo dell’instructional design, una disciplina che fornisce una serie di principi per la progettazione della didattica in e-learning.

Vediamo questa teoria più nel dettaglio:

La teoria del carico cognitivo, elaborata dal principio da John Sweller nel 1991 e portata avanti successivamente da numerosi altri studiosi e colleghi, ipotizza alcune strategie affinchè il messaggio inviato sia recepito e capito utilizzando al meglio le proprie risorse cognitive senza compromettere la comprensione dello stesso. Precisamente si riferisce all’impegno di elaborazione e di immagazzinamento delle informazioni che si produce nella memoria di lavoro la cui limitatezza sembra essere la causa di gran parte delle difficoltà di apprendimento. La memoria di lavoro è quella memoria che opera in pochi secondi per la manipolazione di alcune informazioni funzionali ad un procedimento. Inoltre ha uno spazio limitato. Per fare un esempio concreto, quando facciamo calcoli complessi nella mente, utilizziamo molto la memoria di lavoro nel momento in cui tratteniamo per pochi attimi i riporti o qualsiasi informazione utile appunto per procedere e arrivare al raggiungimento del risultato. Oppure se ci fermiamo per strada a chiedere un’informazione, tratteniamo proprio in quel tipo di memoria le indicazioni stradali fornite che tentiamo di ripeterci ripetutamente per non dimenticarle. Purtroppo, in alcuni ragazzi la memoria di lavoro ha prestazioni deficitarie rispetto alla norma e per questo sembrano ragazzi “sbadati” o poco attenti poiché non ricordano una cosa appena detta. La memoria di lavoro diventa perciò un fattore facilitante o limitante nel momento in cui il ragazzo apprende ed è nostro compito adeguare il contenuto potenziando la modalità di trasmissione del messaggio.

La teoria del carico cognitivo punta su due canali di apprendimento: quello visivo/uditivo e quello verbale prediligendo un uso integrato di questi poiché il rischio di sovraccaricare e saturare queste vie è alto sia a causa di una modalità di trasmissione del contenuto poco funzionale, sia a causa di una attenzione selettiva a volte scarsa da parte del ricevente. Infatti non tutti gli allievi riescono a discriminare i messaggi in entrata e la loro attenzione viene dispersa in molteplici segnali, anche ambientali e di contesto, che “offuscano” il messaggio principale. A tal proposito questa teoria descrive tre tipologie di carico, esse sono: carico estraneo, carico intrinseco e carico pertinente.

Proviamo ad immaginare un’aula di formazione dove, in modo frontale, l’insegnante trasmette un contenuto e il campo percettivo in ricezione diventa affollato di input definiti appunto estranei. Ecco cos’è il carico estraneo: è tutto ciò che ostacola l’apprendimento e disperde l’attenzione, insomma è ciò che non serve. Però, non sono solo le fonti di distrazioni “tradizionali” a distrarre, ciò che rischia di appesantire il contenuto è proprio la modalità scelta per il passaggio dell’informazione che può essere orale o scritta attraverso i programmi di presentazione multimediale (es. presentazioni power point). Tra tutti gli input non necessari, compaiono però quelli propri dell’informazione che si vuole trasmettere e ciò caratterizza il carico cognitivo pertinente, ovvero il contenuto da apprendere, il contenuto in sé. Quest’ultimo è strettamente collegato al carico cognitivo intrinseco che non dipende da un contenuto ma dal rapporto che c’è tra la complessità dell’argomento e l’esperienza dell’allievo che viene definita expertise. Dunque, più è esperto l’allievo più è ridotto il carico intrinseco e viceversa. Anche in questo caso, bisogna prestare attenzione al livello di expertise per tenere sotto controllo il carico cognitivo pertinente, ma lo vedremo più avanti.

In questi mesi le insegnanti si sono dovute reinventare una didattica “nuova”, subendo loro stesse un affaticamento importante, dal momento che le loro risorse erano indirizzate nei primi tempi a conoscere meglio sia uno strumento multimediale sia i programmi utili per costruire lezioni efficaci e fruibili da tutti i propri studenti. Proprio in questa occasione i canali di apprendimento maggiormente utilizzati sono stati inevitabilmente quelli visivo/uditivo e testuale. A mio parere, rielaborare i contenuti delle singole materie all’interno di presentazioni animate, colorate, a volte ricche oppure sintetiche dei contenuti presenti sul libro, è stato un vero e proprio esercizio di rielaborazione che costringeva i nostri insegnanti a riflettere sulle modalità di comunicazione degli argomenti affinché questi arrivassero a tutti in modo chiaro.

Nella costruzione di questi tipi di materiale, è utile conoscere la relazione tra il carico cognitivo estraneo, intrinseco e pertinente. Ciò permette al formatore di costruire un materiale efficace che sfrutti al meglio le risorse dell’alunno senza appesantirle. Nella fattispecie l’obiettivo del formatore è quello di tenere bassi il carico estraneo e intrinseco mentre bisogna tenere alto il carico pertinente.

Ecco di seguito alcuni spunti che la teoria ci suggerisce.

COME RIDURRE IL CARICO COGNITIVO INTRINSECO

  • SCOMPOSIZIONE (CHINKING): frammentazione di un compito complesso senza rischiare di “parcellizzare” troppo semplificandolo inutilmente;
  • SEQUENZIALIZZAZIONE (SEQUENCING): suddividere in sequenze un contenuto, affidandosi anche all’aiuto del modeling cioè dell’esempio per guidare in modo corretto all’acquisizione dell’argomento. L’uso di schemi che guidino e aiutino a favorire la generalizzazione dello stesso apprendimento in modo trasversale sostengono l’alunno in un continuo linguaggio interiore.

COME RIDURRE IL CARICO COGNITIVO ESTRANEO

  • SPLIT ATTENTION (divisione dell’attenzione): si rischia ciò quando l’attenzione è costretta a fare i conti con molteplici fonti che, se integrate al meglio, sarebbero più facilmente comprese.  La vicinanza/contiguità spaziale di tali fonti, gioca un ruolo molto importante. Ad esempio molto spesso le immagini presentate vengono accompagnate da una didascalia testuale. Quest’ultima deve essere ravvicinata il più possibile al riferimento visivo altrimenti, la distanza tra queste due fonti genererebbe una divisione dell’attenzione (split attention) causando un sovraccarico attentivo che potrebbe compromettere la comprensione del contenuto;
  • PRINCIPIO DI MODALITA’ : tale principio ci suggerisce di sostituire una spiegazione solo testuale a una spiegazione visivo/acustica di modo da non sovraccaricare la memoria di lavoro che sarebbe tesa a leggere il testo prestando meno attenzione alla fonte sonora;
  • PRINCIPIO DI RIDONDANZA: la parola stessa ci suggerisce il pericolo di un sovraccarico attentivo nel momento in cui ripetiamo uno stesso contenuto con più input. Se il contenuto presentato una sola volta e in un’unica forma risulta comprensibile, allora la teoria ci suggerisce di presentarlo da solo senza ripetizioni;
  • CAPOVOLGIMENTO DELL’EXPERTISE: il formatore deve tenere ben presente il livello di apprendimento degli alunni poiché un’eccessiva semplificazione del contenuto potrebbe risultare dannoso per l’apprendimento e viceversa favorire una modalità solo per i più esperti influirebbe negativamente sulle risorse di chi lo è meno.

AUMENTO CARICO COGNITIVO PERTINENTE

  • PRINCIPIO DI MULTIMEDIALITA’: riprende il concetto di uso dell’immagine in sinergia con il testo. Quest’ultimo dunque è meglio se supportato e affiancato da immagini chiare ed esplicative del concetto. La teoria ci suggerisce una riflessione sul tipo di immagine utilizzata. A tal proposito distingue le immagini statiche e quelle dinamiche (ad esempio video o animazioni). Queste ultime potrebbero, contrariamente a quanto si pensa, appesantire la memoria di lavoro, ostacolando la comprensione, dal momento che i ritmi di questa dinamicità non vengono decisi e scelti dall’allievo. Al contrario le immagini statiche (ad esempio diagrammi di flusso o schemi) possono essere utili se chiare e coerenti con l’argomento. Possono funzionare infatti da organizzatori grafici e mentali per sostenere l’attività cognitiva riducendone così il carico.
  • PRINCIPIO DI CONTIGUITA’ TEMPORALE E SPAZIALE: le parole e le immagini vanno presentate insieme e vicine, non distanti e temporalmente in successione;
  • PRINCIPIO DI COERENZA: evitare di inserire immagini o testi che non sono coerenti con il contenuto rischiando dunque di confondere l’allievo e compromettere la comprensione.

RIASSUMENDO

Il focus principale è quello di tenere in considerazione l’expertise dell’allievo di modo da modulare i contenuti per evitare una maggiore semplificazioni degli stessi (che non permetterebbero di agganciare l’attenzione dello stesso o addirittura di abbassarne la motivazione) oppure una eccessiva ridondanza degli input guidata dal falso mito che “più ripeto più chiarifico”. L’uso delle immagini, degli audio e del testo è fondamentale se usato in modo efficace. Infatti, le immagini se chiare ed esplicative non necessitano di un testo che sovraccarica la memoria di lavoro, al contrario se quest’ultimo supporta la spiegazione, deve essere mostrato in contiguità alla fonte visiva. Qualora si scelga quella sonora, questa non deve essere accompagnata da testo scritto che altresì suddivide l’attenzione disperdendo energie. È utile ragionare anche sul tipo di materiale visivo utilizzato perchè non sempre l’uso di una animazione è efficace poiché non è gestita dall’allievo che non può deciderne i ritmi di apprendimento ma subirli. Al contrario la fonte visiva statica deve essere pertinente e laddove necessaria, chiara e schematica per guidare l’apprendimento dei contenuti, a volte in modo sequenziale e/o semplificato.

Questi sono spunti pratici che ci fanno riflettere sulla costruzione dell’insegnamento come cornice all’interno della quale inserire contenuti più o meno complessi. Le variabili sono molteplici e sono strettamente dipendenti dall’expertise dei nostri alunni. Ad oggi però le classi sono numerose ed eterogenee per cui non può essere scontato che tutto vada bene per tutti nello stesso modo perché la fruibilità dei contenuti è diversa soprattutto perché ad oggi non si può evitare di parlare di neurodiversità dell’apprendere. Questa teoria sul carico cognitivo sottolinea dunque alcuni principi a beneficio di tutti gli studenti affinché non venga affaticata la memoria di lavoro, sostenuta l’attenzione e indirizzate le risorse cognitive.

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