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Il ruolo dell’Educatore Professionale nella prevenzione ITS e HIV

La data ufficiale d’inizio dell’epidemia di AIDS è il 5 giugno 1981, il giorno in cui il Center for Disease Control and Prevention (Cdc) di Atlanta in Georgia, rese nota l’identificazione di un piccolo focolaio epidemico di polmonite da Pneumocystis carinii costituito da cinque maschi adulti omosessuali di Los Angeles. [Michele La Placa, 2011] E da quel momento in poi si sono susseguite ricerche e teorie su quale fosse l’origine della malattie, su quali persone colpisse e perché. Oggi sappiamo molto di più rispetto al virus e alla malattia e soprattutto sappiamo come è possibile prevenirli.

Perché voglio parlarti di questo tema?

Perché per me, come educatrice, è stato fondamentale cominciare la mia carriera occupandomi proprio di questi temi. Pensare alla prevenzione prima che alla riduzione del danno ha plasmato fortemente la mia forma mentis come professionista.

Ho lavorato sulla prevenzione di diversi fenomeni come potrai leggere in questo articolo, ma sicuramente la sessualità sicura mi sta particolarmente a cuore.

Il perché è strettamente connesso a chi ho sempre voluto essere: una donna consapevole, libera ed emancipata. Sapere che ancora nel 2020 le ragazze si vergognano a portarsi in borsetta il preservativo per me è inaccettabile. Il motivo è naturalmente da ricercarsi in quelli che sono gli stereotipi di genere ma anche nei tabù legati alla sessualità che possono essere scardinati con un buon lavoro finalizzato alla consapevolezza e alla tutela della salute.

Penso che uno dei compiti fondamentali di una buona educatrice e di un buon educatore sia trasmettere quanto sia importante mettere sempre al primo posto la salute e il rispetto per stessi e per l’altro.

Ho già scritto di prevenzione e di modelli preventivi e credo sia fondamentale conoscerli per capire su cosa si basano quelli usati in questo caso. I programmi volti ad arrestare la trasmissione dell’HIV sono finalizzati a proteggere l’individuo e la comunità di riferimento e sono prevalentemente incentrati su interventi per modificare comportamenti a rischio.

 La complessa natura dell’HIV, tuttavia, implica la necessità di programmi di prevenzione combinati, che prendano in considerazione i diversi contesti, che prevedano anche programmi per la riduzione dello stigma e della discriminazione e del rispetto dei diritti umani.

Non possono essere interventi diretti al singolo senza considerare il contesto in cui è inserito. E’ riconosciuto anche dalle Autorità Sanitarie Europee e Internazionali che il coinvolgimento generale della popolazione e dei rappresentati della società civile è un punto chiave per l’efficacia di questi interventi.

I programmi combinati vengono implementati a livello individuale, di comunità e della popolazione generale e devono essere basati su evidenze in merito all’andamento dell’epidemia.

Analizzare le modalità di trasmissione dell’HIV, le popolazioni chiave colpite dall’infezione e i principali trend epidemiologici sono azioni imprescindibili per sviluppare l’intervento combinato più idoneo.

Come Educatrici ed Educatori possiamo trovarci ad intervenire sui comportamenti a rischio, facendo interventi volti alla sensibilizzazione sulla sessualità consapevole e parlando di corretto uso del profilattico maschile e femminile; possiamo partecipare ad azioni di riduzione del danno nelle popolazioni chiave come l’implementazione di programmi di offerta gratuita e distribuzione di profilattici maschili e femminili e anche interventi strutturali volti a ridurre la vulnerabilità all’infezione da HIV legata a condizioni socioeconomiche, attraverso il lavoro quotidiano.

Gli interventi nei quali ho collaborato con l’Associazione ALA Milano Onlus coinvolgevano tutte e tre le possibilità ed erano strutturati in modo che alla base ci fossero l’astensione del giudizio e l’ascolto attivo. Queste due caratteristiche sono imprescindibili quando si parla di tematiche che coinvolgono la sfera privata e in particolare quella sessuale. Le persone devono sentirsi libere di poter condividere e anche di non farlo. E’ necessario quindi prevedere uno spazio di ascolto individuale e la possibilità di fare domande in anonimato.

In classe, ad esempio, proponevamo attività in grande e in piccolo gruppo nelle quali la partecipazione attiva, ognuno con la propria sensibilità e libertà di portare i propri dubbi, le proprie domande o semplicemente ascoltare, era parte fondante dell’intervento; gli sportelli di ascolto individuali venivano proposti al termine di ogni intervento.

Trattandosi di tematiche molto personali non era presente l’insegnante in classe con la quale, però, si facevano spesso degli accordi per l’approfondimento precedente o successivo all’intervento delle tematiche trattate in modalità più accademica.

Per svolgere interventi sull’HIV e sulle Infezioni Sessualmente Trasmissibili e sulla Sessualità consapevole, bisogna essere formati, sembra banale dirlo, ma l’informazione generale non basta. E’ necessario saper rispondere alle domande di nostra pertinenza e saper riconoscere per quali problematiche o quesiti è necessario l’intervento di altri professionisti. Bisogna, inoltre, conoscere i servizi del territorio nel quale si opera per poter dare indicazioni corrette su dove poter fare il test HIV, ad esempio.

Quindi formazione, preparazione, astensione del giudizio e ascolto attivo per provare ad essere veramente punti di riferimento, senza tabù!

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